Vittima incapace per età e nuove ipotesi di procedibilità a querela ex d. lgs. n. 150/2022.

 Tribunale per i minorenni di Genova, sent. 22 marzo 2023, n. 26.

Una delle più importanti linee di intervento della riforma del sistema penale, realizzata con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è rappresentata dalla estensione del regime di procedibilità a querela in rapporto ad alcune figure di reato contro la persona e contro il patrimonio punite con pena edittale detentiva non superiore nel minimo a due anni (senza che si tenga conto, a tal fine, delle circostanze), con la riduzione, in modo corrispondente, dell’area della procedibilità d’ufficio.

Tale scelta del legislatore rappresenta una strategia politico criminale funzionale rispetto agli obiettivi di una riforma che mira sia a migliorare l’efficienza del processo penale (riduzione del 25% dei tempi medi del processo penale entro il 2026, come da P.N.R.R.), sia a valorizzare le condotte riparatorie e ripristinatorie in vista di una ricomposizione del conflitto alternativa all’esito punitivo. Sempre in tale prospettiva, è stato introdotto il nuovo art. 152, co. 3. n. 1 e 2 c.p., (inserito dall’art. 1, co. 1. lett. h, d.lgs. n. 150/2022), che individua due nuove ipotesi di remissione tacita della querela allorché “1) il querelante, senza giustificato motivo, non compare all’udienza alla quale è stato citato in qualità di testimone; 2) il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo”.

In tale assetto normativo la volontà dell’offeso rispetto alla prosecuzione o meno del procedimento penale rappresenta, dunque, elemento fondamentale che il legislatore ha inteso tutelare da possibili automatismi estintivi dell’azione penale per mezzo di una c.d. clausola di salvaguardia, per cui la procedibilità d’ufficio in tali casi è sempre fatta salva, “quando la persona offesa sia incapace per età o per infermità ovvero persona in condizione di particolare vulnerabilità ai sensi dell’articolo 90 – quater del codice di procedura penale” (art. 152, co. 4, c.p.). Questa è una scelta già adottata dal precedente intervento di generale estensione del regime di procedibilità a querela, realizzato con la riforma Orlando, e conferma la volontà del legislatore di tutelare la vittima di reato conservando la procedibilità d’ufficio quando la persona offesa non è in grado di manifestare la propria volontà di procedere penalmente.

Con particolare riferimento al caso di incapacità per età, oggetto della pronuncia che qui si segnala, sono scarsi i riferimenti normativi per l’interprete riguardo a cosa debba intendersi, in concreto, per “incapace per età”: un soggetto troppo giovane per decidere consapevolmente? Troppo anziano? Quanto giovane o quanto anziano?

Il Tribunale per i minorenni di Genova si è pronunciato su un caso di violenza privata, fattispecie facente parte della categoria di reati interessati dall’estensione della procedibilità a querela, commesso da un quindicenne ai danni di un coetaneo, ed ha reso un’interpretazione restrittiva della suddetta clausola di salvaguardia ritenendo di non doversi procedere nei confronti dell’imputato per remissione tacita della querela proposta dalla persona offesa.

In particolare, a seguito del rinvio a giudizio dell’imputato la persona offesa era stata citata per intervenire in udienza quale testimone e con l’avviso che la sua mancata presenza, senza giustificato motivo, avrebbe comportato la remissione tacita della querela, come dettato dall’art. 152, co. 3, n.1, c.p. (nuovo meccanismo processuale di remissione tacita della querela per mancata comparizione del “teste querelante” inserito dall’art. 1, D.lgs. 150/2022).

La parte offesa, nelle more del giudizio divenuta maggiorenne, pur avendo ricevuto personalmente la notifica contenente la citazione e l’avviso, non si presentava all’udienza fissata ed il Tribunale dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato per estinzione del reato per intervenuta remissione della querela: sebbene la persona offesa dal reato fosse all’epoca dei fatti minorenne, il Collegio ha ritenuto, infatti, non sussistere il requisito dell’ “incapace per età”, che rende il reato di violenza privata procedibile d’ufficio.

In primo luogo, il Tribunale ha osservato come secondo la disciplina sulla querela, ai sensi dell’art. 120 co. 2 c.p., il minore è ritenuto autonomamente capace di proporre querela una volta compiuti i 14 anni e, pertanto, non può essere contestualmente incapace di rimetterla; sarebbe per lo stesso motivo errato, «ritenere comunque procedibile d’ufficio un reato per il quale avrebbe invece la facoltà di esercitare o meno direttamente la querela».

Il Collegio ha ritenuto che, in realtà, incapace per età non sia qualsiasi minore, ma solamente quel minore per il quale si possano ritenere integrati i parametri della minorata difesa o quelli elaborati dalla giurisprudenza per il reato di cui all’art. 643 c.p. e, pertanto, quando «tra autore del reato e  vittima si instauri un rapporto squilibrato».

In sostanza, il Tribunale genovese sostiene che l’incapacità per età è un elemento che non può essere riconosciuto in modo automatico in relazione alla minore età della vittima – o alla sua anzianità -, ma va stabilito, in concreto, di volta in volta dal giudicante valutando il fatto di reato, le peculiarità della vittima e il rapporto tra questa ed autore del reato. Conclude il Collegio stabilendo che «nel caso di specie imputato e parte offesa erano coetanei e non risulta che tra i due intercorresse un rapporto di forza squilibrato. Trova pertanto applicazione il nuovo istituto della remissione tacita della querela non ostandovi quanto disposto dall’art. 152, comma 4 c.p.».

Il Tribunale ha ritenuto tale interpretazione «necessaria, perché la soluzione alternativa, rendendo procedibili d’ufficio tutti i reati nei confronti dei minorenni (infradiciottenni o infraquattordicenni), reca con sé un’ineludibile questione di legittimità costituzionale della legge 150/22 per un eccesso di delega perché con tale soluzione si rendono procedibili d’ufficio alcuni reati che erano già procedibili a querela, quali l’art. 624 c.p. non aggravato, e che ora, se commessi in danno a minori, sarebbero procedibili d’ufficio».

La soluzione contenuta nella pronuncia de quo appare condivisibile considerando innanzitutto l’intento senza dubbio deflattivo dell’intervento normativo di cui al d. lgs. 150/22, che mira all’estensione della procedibilità a querela per taluni reati e non ad aggiungere casi di procedibilità ex officio. La clausola di salvaguardia introdotta dal legislatore è posta nell’esclusivo interesse della persona offesa: la stessa relazione illustrativa a cura del Governo al d. lgs. 150/2022 spiega che «la procedibilità d’ufficio è stata conservata nelle ipotesi in cui vi è una particolare esigenza di tutela delle vittime, che potrebbero essere condizionate e non libere nella scelta processuale di presentare una querela».  Ciò non equivale ad introdurre una presunzione di incapacità ma, al contrario, impone la verifica, nel caso concreto, della sussistenza di una vera e propria condizione di incapacità di querelare associata all’età, all’infermità o alla particolare vulnerabilità della vittima che, a tutela di quest’ultima, renda opportuno che lo Stato proceda comunque.

Avv. Livia Bongiorno (Rete Dafne Italia)

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