L’Unione Europea adotta la direttiva 2024/1385 sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.

«La parità tra donne e uomini e la non discriminazione sono valori e diritti fondamentali dell’Unione sanciti rispettivamente dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea (TUE) e dagli articoli 21 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta»). La violenza contro le donne e la violenza domestica minacciano tali stessi valori e diritti, minano il diritto di donne, ragazze e bambine all’uguaglianza in ogni ambito di vita e impediscono loro di partecipare alla vita sociale e professionale su un piano di parità con gli uomini» (considerando n. 2, della direttiva).

«La violenza contro le donne è una manifestazione persistente della discriminazione strutturale nei confronti delle donne, derivante da rapporti di potere storicamente iniqui tra donne e uomini. È una forma di violenza di genere principalmente inflitta a donne, ragazze e bambine da parte di uomini. È radicata nei ruoli, nei comportamenti, nelle attività e negli attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini. Nell’attuazione della presente direttiva si dovrebbe pertanto tenere conto di una prospettiva sensibile alla dimensione di genere» (considerando n. 10).

«La violenza domestica è un grave problema sociale che spesso resta nascosto. Può portare a gravi traumi psicologici e fisici, con pesanti conseguenze sulla vita personale e professionale della vittima, poiché l’autore del reato è generalmente una persona nota alla vittima e di cui la vittima dovrebbe potersi fidare. Questo tipo di violenza può assumere varie forme: fisiche, sessuali, psicologiche ed economiche e può verificarsi nell’ambito di diversi tipi di relazioni. La violenza domestica spesso implica un controllo coercitivo e può verificarsi se l’autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima o meno» (considerando n. 11).

 Nell’ambito della Strategia per la parità di genere 2020 – 2025, elaborata dalla Commissione, per la realizzazione di «un’Europa garante della parità di genere» in tutti i settori di competenza dell’Unione, nasce la direttiva 2024/1385, sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 14 giugno 2027.

La proposta di direttiva della Commissione, presentata l’8.3.2022, si poneva infatti l’obiettivo di eliminare le disuguaglianze tra uomo e donna anche tramite la lotta alle violenze di genere e alle discriminazioni sessuali, colmando una lacuna esistente sul piano normativo europeo non essendovi alcuno strumento espressamente dedicato alla protezione della donna ma solo alla vittima in quanto tale (direttiva 2012/29/UE).

Con gli stessi propositi l’UE già nel 2017 aveva ratificato la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica che, sebbene non ancora ratificata da tutti gli Stati membri, è comunque entrata in vigore per l’Unione da ottobre 2023.

Proprio a fronte della paralisi del processo di ratifica della Convenzione da parte dei singoli Stati, l’adozione della direttiva rappresenta una valida alternativa per perseguire il processo di armonizzazione della disciplina degli Stati membri in materia di protezione delle donne vittime di violenza, stabilendo norme minime comuni per prevenire e combattere la violenza domestica e la violenza contro le donne in tutta l’Unione Europea.

La direttiva, in particolare, mira alla formulazione di nuove fattispecie di reato, insieme alle rispettive aggravanti e sanzioni, al potenziamento dell’accesso alla giustizia, ad assicurare una protezione adeguata alle vittime prima, durante e dopo il procedimento penale e ad offrire loro un’assistenza specialistica. Gli Stati membri sono, inoltre, tenuti a disporre di canali accessibili e prontamente disponibili per denunciare atti di violenza, anche tramite l’istituzione di piattaforme on line, nonché di dotarsi di strumenti investigativi rapidi ed efficienti.

L’attenzione è stata rivolta anche al rischio di vittimizzazione secondaria, per cui è stata prevista a carico degli Stati membri l’adozione di misure rivolte alla limitazione delle prove sul comportamento sessuale passato della vittima e sulla rimozione del materiale on line.

Per quanto attiene l’introduzione di comuni ipotesi di reato, la direttiva fa riferimento a particolari reati di sfruttamento sessuale femminile e minorile, quali il matrimonio forzato e la mutilazione dei genitali femminili, nonché alla definizione di alcuni reati informatici sempre in materia di violenza on line, tra cui la condivisione e la manipolazione non consensuale di materiale intimo, le molestie e lo stalking on line, ed infine l’istigazione alla violenza o all’odio on line.

In merito a tali particolari e nuove fattispecie occorre riconoscere il merito del legislatore europeo di aver saputo rispondere alle necessità rilevate dalla Corte EDU, con la decisione n. 56867/2020 sulla cyberviolence, dal GREVIO, che in precedenza aveva già denunciato la gravità della violenza digitale contro le donne, e dal Parlamento europeo che, con la risoluzione del 14 dicembre 2021, poneva la questione proprio sulla violenza di genere commessa tramite strumenti digitali ed informatici.

La stessa incisività non può riconoscersi, è questa probabilmente l’unica nota di demerito, per quanto riguarda l’introduzione del reato di stupro, inteso quale atto compiuto in mancanza del consenso da parte della vittima (il cui significato deve intendersi quale manifestazione di volontà libera e in ogni momento ritrattabile). Proprio in questi termini era stata proposta dalla Commissione l’introduzione della nuova definizione del reato di stupro, ma non ha trovato accoglimento dalla maggioranza degli Stati membri, che ha votato a favore della sua esclusione dalla direttiva (tra cui Ungheria, Germania e Francia). Tuttavia, la stessa Convenzione di Istanbul interpreta lo stupro quale “rapporto sessuale senza consenso”. L’articolo 36, paragrafo 2, della Convenzione specifica, infatti, che il consenso «deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto». Pertanto, vista la ratifica della Convenzione da parte dell’Unione Europea, ogni Stato membro, in linea con gli impegni presi, dovrà comunque presto adoperarsi affinché qualsiasi atto sessuale non consensuale sia punibile.

Per rimediare alla decisione di esclusione del reato di stupro è stata inserita una disposizione (art. 35), che impone agli Stati di promuovere campagne di sensibilizzazione e di educazione al consenso, nonché una clausola di riesame (art. 45), in cui si specifica una futura valutazione sulla necessità di introdurre nuovi reati.

Attenzione è stata infine riservata all’assistenza delle vittime di violenza, con specifiche previsioni riguardanti la necessità che ogni Stato membro si impegni a fornire protezione alla vittima, a prescindere dal fatto che questa abbia o meno denunciato il reato, garantendo particolari servizi di assistenza specialistici quali, ad esempio:

«– informazioni e assistenza su questioni pratiche inerenti al reato, compreso l’accesso all’alloggio, all’istruzione, alla tutela dei minori, alla formazione, al sostegno finanziario e all’assistenza per trovare un lavoro;

  • informazioni sull’accesso alla consulenza legale, compresa la possibilità di patrocinio a spese dello Stato;
  • informazioni e, se del caso, indirizzamento verso servizi che forniscono esami medici e forensi, che possono includere servizi sanitari completi, nonché informazioni sulla consulenza psicosociale e, se del caso, sull’orientamento verso tali servizi, compresa l’assistenza per i traumi;
  • assistenza alle vittime di criminalità informatica, informazioni sui mezzi di ricorso, anche giurisdizionali, per rimuovere i contenuti online connessi al reato;
  • informazioni e, se del caso, indirizzamento verso i servizi di assistenza alle donne, i centri anti-violenza, i centri di accoglienza e i centri anti-violenza sessuale;
  • informazioni e, se del caso, indirizzamento verso servizi di assistenza specialistica per le vittime a maggior rischio di violenza, che possono includere servizi di riabilitazione e integrazione socioeconomica a seguito dello sfruttamento sessuale» (art. 25).

Tali servizi di assistenza specialistica dovranno essere facilmente accessibili e adattati alle esigenze delle vittime, prontamente disponibili anche on line o attraverso altri mezzi adeguati. La direttiva prevede a tal fine che gli Stati membri garantiscano direttamente le risorse umane e la loro formazione, nonché le risorse finanziarie sufficienti per erogare tutti i servizi.

A seguire, in particolare gli artt. 26, 27 e 28, contengono indicazioni in merito all’assistenza specialistica delle vittime di molestie sessuali in generale, di molestie sessuali in ambiente di lavoro, e per le vittime di mutilazione dei genitali, prevedendo, infine, all’art. 29 un sistema di assistenza telefonica per le vittime attivo 24 ore su 24.

Infine, un capo a parte, il n. 6, è dedicato alla prevenzione e all’intervento precoce contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, con la previsione che gli Stati membri adottino un approccio globale nei confronti della questione puntando a diversi livelli, dalle campagne di sensibilizzazione, ai programmi di ricerca ed educativi, sino alla formazione ed informazione dei professionisti operanti nel settore dell’assistenza alla vittima, contemplando vari meccanismi di cooperazione e coordinamento utili allo scopo.

Nel complesso, oltre a riconoscere il pregio dei contenuti della nuova direttiva e a condividerne lo spirito e la ratio sottesi, occorre rilevare come le misure in essa stabilite siano state complessivamente concepite per rispondere alle esigenze specifiche delle donne, dei ragazzi e dei bambini, in quanto, come confermano dati e studi, sono vittime per antonomasia delle forme di violenza ivi contemplate, segnatamente la violenza contro le donne e la violenza domestica. Tuttavia, è interessante cogliere lo spunto di riflessione contenuto nello stesso testo della direttiva, per cui il legislatore europeo invita a riflettere, ma non solo, sul fatto che anche altre persone possono essere soggette a queste forme di violenza e dovrebbero, quindi, allo stesso modo, beneficiare delle stesse misure:

«Il termine “vittima”, pertanto, dovrebbe riferirsi a chiunque, indipendentemente dal genere, e, salvo diversa indicazione contenuta nella presente direttiva, tutte le vittime dovrebbero beneficiare dei diritti connessi alla protezione delle vittime nonché dell’accesso alla giustizia, dell’assistenza alle vittime e delle misure preventive» (considerando n. 12).

Avv. Livia Bongiorno (Rete Dafne Italia)

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