Intervento al Convegno “Infovictims”, Mantova 21|22 ottobre 2022

“Uno taglia, l’altro sceglie”

di Rosanna Tremante

 

“Che non ci venga impedito di pensare alla (guerra) violenza,

se non abbiamo imparato a prevederla” Jean Paulhan

La tavola rotonda aveva di mira il rispondere a due quesiti uno dei quali è il seguente:

“Posto il principio di tutela delle vittime interno alla Restorative Justice,[1] come è possibile salvaguardare il diritto delle vittime di reato all’accesso alla RJ?”

Rovescerei la domanda perché credo sia salvaguardando il diritto all’accesso ad una qualsiasi opportunità, in questo caso la RJ, che possiamo porre un principio di tutela.

Tutela che propongo di spostare come asse a livello del legame. La RJ mi sembra si possa dire che abbia di mira la tutela del legame. La tutela a livello delle vittime di reato è una categoria importante ma delicata se entriamo nel campo della RJ. Si pongono sotto tutela tutti i soggetti che non sono in grado di provvedere a se stessi e soprattutto i soggetti che necessitano di essere difesi.

Le vittime di reato hanno senz’altro necessità di essere difese e i colleghi avvocati possono insegnarci qualcosa su questo.

È molto importante però per noi operatori non polarizzare i ruoli in campo, perché anche il reo o la comunità hanno necessità di essere difesi. Ho potuto cogliere, grazie all’esperienza che stiamo facendo proprio qui in Lombardia, che per questa via finiamo a polarizzarci noi operatori stessi: da una parte chi difende le vittime e dall’altra chi si occupa dei rei.

Trovo molto interessante e attuale per questo l’articolazione che fa il filosofo Roberto Esposito tra communitas immunitas. Se pensiamo al termine comunità viene spontaneo parlare di bene comune, di appartenenza, come si trattasse di un “avere in comune”.

Esposito parte dall’etimologia del termine latino communitas: cum – munus che significa originariamente dono inteso come dovere, obbligo e in ultima analisi denota ciò che non è proprio, il contrario del proprio, ciò che inizia là dove finisce il proprio. “Il munus che la communitas condivide non è una proprietà o una appartenenza. Non è un avere, ma, al contrario, un debito, un pegno, un dono-da-dare. E dunque ciò che determinerà, che sta per divenire, che virtualmente già è, una mancanza”.[2]

Ciò che lega i soggetti nella comunità, dunque, non è indolore. Da qui il rovescio, per far fronte al pericolo del munus, procedere con la sua immunizzazione, immunitas.

Immuni dagli obblighi verso gli altri.

Come operatori che lavorano con le vittime di reato penso occorra essere accorti su questo punto per cui occorre salvaguardare il diritto di accesso alla RJ anche nel momento in cui tutto sembrerebbe dire che non vi è altra possibilità che immunizzare.

Fatte salve condizioni in cui non sono in gioco fattori di rischio e vulnerabilità tali da precludere la possibilità per la vittima di reato di accedere ad altro se non ad un percorso che potremmo in questo caso sì definire di tutela, è necessario tener conto di una variabile fondamentale che i nostri processi spesso non riescono a considerare. Il fattore tempo.

A Napoli Ilaria mi aveva domandato di tenerle il tempo durante il suo intervento e l’ho presa alla lettera, mi sono immedesimata nel personaggio del Bianconiglio di “Alice nel paese delle meraviglie”.

Vi sono tempi del processo di vittimizzazione in cui l’offerta della RJ rischia di essere una vittimizzazione secondaria. Ne individuo almeno due:

  • troppo presto quando il soggetto non ha ancora ricostruito il suo rapporto con il tempo potendo includere il reato nella sua storia. Il reato ha prodotto una sospensione, talvolta un’interruzione nel rapporto con il tempo, che fatica a riarticolarsi al passato e che non riesce ancora a prospettarsi il futuro. È il tempo in cui Alice domanda: “per quanto tempo è per sempre?” e il Bianconiglio risponde “a volte solo un secondo”.
  • E poi c’è il “è tardi, è tardi, è tardi” ed è il tempo in cui la persona che ha subito il reato è uscita dal processo di vittimizzazione, non vi si riconosce più. È il tempo in cui mi sembra occorra tutelare il diritto all’estinzione del reato anche dal lato della vittima. Il diritto ad essere un ex vittima di reato.

Per questo vi propongo per concludere un criterio semplice che un’amica della collega che lavora con me sul progetto Lombardia Serena Paini le ha proposto per trattare le liti tra i bambini:

Il principio è questo: uno taglia, l’altro sceglie.

Dunque se il reo è colui che con l’atto che compie taglia il legame con chi lo subisce e con la comunità, occorre che sia data la possibilità all’altra parte, alla vittima del reato di scegliere qual è il tempo opportuno per un eventuale incontro o percorso di Giustizia riparativa/ristorativa.

Il reo taglia, la vittima sceglie.

[1] RJ nel testo.

[2] R. Esposito, Communitas. Origine e destino della comunità, Einaudi, Torino 1998, 2006, pp. X-XIII.